Possiamo pensare all’arte nello spazio pubblico?
JR è un artista francese che non firma le sue opere, ma lascia il segno ovunque.
Che non espone in galleria, ma su muri, tetti, treni, ponti.
Che non parla di sé, ma delle persone che fotografa: sconosciuti, comunità dimenticate, storie che meritano di essere viste.
Ho scoperto JR alla mostra “Déplacé·e·s” realizzata a Torino, qualche anno fa.
Il suo lavoro mi ha colpito: è grande (letteralmente e metaforicamente), è potente, ma soprattutto è inclusivo.
Non ti chiede di essere un esperto d’arte. Ti chiede solo:
di guardare, di ascoltare, di sentirti parte.
Nel 2022 JR ha viaggiato in zone di crisi come l’Ucraina, il Rwanda, la Mauritania, la Colombia e la Grecia. In ciascuna di queste località, ha collaborato con le comunità locali per srotolare enormi ritratti di bambini rifugiati su teloni di 45 metri, creando installazioni che mettono in luce le storie individuali dietro le statistiche globali.
Non è stata solo un’esposizione artistica, ma un potente richiamo alla consapevolezza sulle condizioni dei rifugiati nel mondo.
“Circa 100 milioni di persone sono costrette a fuggire dal luogo in vivono a causa di persecuzioni, guerre, violenze e violazioni dei diritti umani.”
Fa riflettere su quanto l’arte possa essere un atto sociale, non solo estetico.
E su come, in fondo, anche un muro possa diventare un ponte, se usato nel modo giusto. È incredibile vedere come una semplice fotografia possa dare voce a così tante persone.






Digital designer – comunicare con creatività. Appassionata di mostre d’arte e fotografia. Adoro le camminate e yoga. Scelgo uno stile di vita più sano e sostenibile.